mercoledì 27 febbraio 2008




... En la distancia creas mis dudas, me enfado con el tiempo que no quita el ojo a mi presencia... Siento celos de aquello que aún no has derramado en mis labios... y para tí todo esto no es más que un problema que me han creado... y en horas no se donde esconder mi rostro... no se donde alojar mis sentidos... nos separa una delgada línea imaginaria que no deja rozar nuestras ilusiones... voy creando montañas con mis miedos... y aunque no lo creas intento despejar esta niebla tan intensa... esta niebla que no facilita mis huellas en el camino... Y quiero decirte que eres como una mezcla de olores que jamás mantuve en mi cuerpo... como una ilusión óptica que jamás podré alcanzar... desearla como más quisiera... pronunciarla como mi alma necesita... y no solo mis defectos forman parte de lo que soy... y al escribir esto me da por pensar en mi madre... ¿Porque ella me quiere como lo que ve?... ¿Porque no puedes admitir a mi persona del mismo modo?... y en este momento deseo esconderme de todo el mundo... deseo desaparecer por momentos... y el único acto es recostarme en la cama y dejar pasar las horas... y sí, como bien dije, esconder mi rostro... barrer mis errores, mis fallos, mis defectos, como bien se quieran llamar... esconderlos sin armar mucho ruido... descansar de aquello que tanto taladra mi cabeza... Y siento frío... siento necesidad de acurrucar mis motivos por los cuales Te Quiero... de dar calor a lo que en este momento nadie me puede dar... susurrar a mis sentidos como cuando te encuentras a mi lado... y dejare pasar estas horas tan confusas... esconderé de nuevo mi cabeza bajo estas sabanas tan frías... dejare que la luna me desvele con quien sueñas esta noche... dejare que su luz no enfríe a mi soledad....

lunedì 18 febbraio 2008

... Renazco de luces cálidas que reflejan mi delicadeza... Me reflejo en tu mirada, asustando a mis temores... y me rodeas con tus brazos intentando calmar mi temblor... y quizás podría ser algo mas soñado que real... la pantalla de mi móvil se llena de mensajes que pocas veces leeré... pienso si es aquello cierto... pienso si todo esto es cierto... y si realmente aquí hay algún juez que nos de la razón... Cierro los ojos y recuerdo estas situaciones como cuando me encontraba en el patio del colegio con mi Baby a cuadros... y cien niños a mi alrededor chillando, llorando, por sentirse como en una prisión... Y todo a mí alrededor da la sensación que da vueltas... todo a mi alrededor gira ... Y la luz del sol enseguida bofetea este lado de mi cara y deja ver los fallos de mi rostro... y tu no estas aquí para verlos... se me permite caer en suelo poco mullido, en asfalto solitario y sediento, donde solo desprende calor... dejo que mi cuerpo se deshidrate, que el viento se lleve aquello que nadie quiere... Mis ojos sin pestañear, con sed de lágrimas que un día ya derrame... mis labios agrietados, resecos de Amor, deseando ser besados.... deseando ser acaramelados... Y despierto de esta pesadilla que tantos días cubre mi ser... En que momento acabara esta guerra que aun no se cuando comenzó? ¿... Cuando recuperare mis siete vidas, aquellas que regale sin dejar nada a cambio... Cuantas horas me quedan por finalizar este camino? ¿... Y que es aquello que encontrare al final de el...

venerdì 15 febbraio 2008

Figlio della luna

Venivo da Milano, avevo poco più di vent’anni e facevo l’attrice. Costretta a stare per lunghi periodi nella capitale, a causa delle prove, decisi di trasferirmi definitivamente. Cercare casa non era facile, gli affitti non erano alla mia portata, perciò tergiversavo approfittando delle amicizie, girandomi tutti i quartieri di Roma. Quella volta abitavo in vicolo dei Serpenti, la casa era dell’amica di una mia amica, in pratica una sconosciuta, anche lei attrice, ma molto più grande di me. La sera che arrivai, le dieci circa, mi accolse frettolosamente, mi fece vedere il letto e scappò via, urlandomi che non c’era niente da mangiare. Sbatté la porta. Buttai la borsa sul letto e comincia ad accusare il digiuno. Andai ad aprire il frigo, solo per curiosità, naturalmente. Due uova sode, una ciotolina di patate lesse, coperte con attenzione dalla pellicola trasparente, uno yogurt magro, un avanzo di burro. Anche se avessi potuto, non mi sarei fatta deprimere ulteriormente. Decisi di andarmi a comprare una pizza. Nel vicolo notai subito molta sporcizia, per terra siringhe, bottiglie e il cassonetto stracolmo. Le facce degli sconosciuti rovinate dall’indigenza, o dalla disperazione, o da entrambe, le donne erano, per lo più, puttane. Mi preoccupai dei miei ritorni a casa, la sera tardi dopo lo spettacolo. Mi feci fare una pizza tonda, in una pizzeria deserta, con le pareti ammuffite e l’aria che puzzava d’olio rancido, però il pizzaiolo era simpatico. Mi fece le battute da copione sul mio accento e mi raccontò del solito parente trasferito a Milano per lavoro. “Come si lavora bene là, ma la città, il tempo…”. Sì lo so, anch’io odio Milano, non solo per questo. Milano si odia e basta. Presi la pizza e andai a mangiarmela a casa. Era poco illuminata, due finestre davano sul vicolo, mentre quelle della cucina, camera e bagno, si affacciavano su un piccolo cortiletto interno, da dove si potevano lavare bene i panni sporchi dei vicini. Fu dalla cucina che assistetti alla scena. Iniziarono ad urlare, lui la insultava pesantemente, lei si difendeva piangendo, lui le tirò uno schiaffo, e lei gli sputò in faccia. “Sei una puttana, questo non è mio figlio!”. Lei aveva un bambino piccolissimo in braccio. “Sei un porco, come fai a pensare una cosa simile, schifoso!” Lui accecato dall’ira, continuava a negare, ad accusarla di tradimento, “Lui è biondo, troia!”. Lei si agitava, noncurante del bambino, strattonandolo, se avesse potuto lo avrebbe gettato dalla finestra. Non poteva difendersi. Lui approfittò, l’afferrò e le affondò la lama di un coltello nella pancia. Urlai, la pizza mi cadde per terra, non sapevo cosa fare, altri vicini si affacciarono e cominciarono ad urlare anche loro: “Chiamate la polizia, un’ambulanza! Presto!” Non avevo la minima idea di quale fosse il numero. Completamente nel pallone, incapace, inerme, frustrata, arrabbiata, non potendo aiutare quel neonato. La notte passò insonne, molta gente, macchine della polizia, ambulanza, chiacchiere, interrogatori. La mattina dopo, scesi per andare a bere un caffé, ero molto stanca, la strada era tornata silenziosa e io non riuscivo a togliermi dalla mente quella scena. Guardai il cassonetto, era stato svuotato, come il cuore di quel bambino.

Il mio primo SENRYŪ


C'è sempre un ma
Dopo un sì potremmo
Prima di un se

giovedì 14 febbraio 2008

Ti Adoro

T'adoro al pari della volta notturna, o vaso di tristezza, o grande taciturna! E tanto più t'amo quanto più mi fuggi, o bella, e sembri, ornamento delle mie notti, ironicamente accumulare la distanza che separa le mie braccia dalle azzurrità infinite. Mi porto all'attacco, m'arrampico all'assalto come fa una fila di vermi presso un cadavere e amo, fiera implacabile e cruda, sino la freddezza che ti fa più bella ai miei occhi.

CHARLES BAUDELAIRE

venerdì 1 febbraio 2008

Un momento di poesia...


Tutto sembra

Niente è ciò che sembra, ma forse è solo questo,
qui l'inganno, qui il tormento.
Se tutto è ciò che è, che senso ha,
li fuori c'è il nulla.
La tua proiezione,
in un bicchiere di vino.


Vivere

Vogliamo essere giusti,
vogliamo essere sani,
vogliamo essere bravi,
vogliamo essere intelligenti.
Io vedo solo tentativi d'essere immortali,
senza coscienza, senza sapere come
sentirsi vivi.

Attimi


Il tempo passa senza chiederti permesso,
una spallata e va,
il tempo di girarti per rendertene conto,
è già oltre e tu non l'hai visto in faccia.

In aria

Parole brevi per una vita in corsa,
sempre fuori città,
trottolino amoroso dudu da dada...
Ecco cos'è il vizio nazionale,
un'accozzaglia di suoni sdolcinati che fanno rima.

Mary Poppins

Io sono per il corto,
la poesia, il racconto, il titolo.
Non c'è bisogno che la descrizione
esprima più del contenuto.
Si finisce per inventare
supercalifragilistichespiralitoso,
senza avere più niente da dire.


Il fondo

O ci provochiamo, perché ci piacciamo,
o se no ti offro da bere.


Fregatura

La festa non dura, quale notizia vuoi per prima?
La prima? La seconda? Le cattive notizie arrivano per prime
Allora la seconda.
Troppo tardi, adesso non conta più.
Perché perdiamo sempre tempo prezioso?