martedì 25 dicembre 2007

Lo specchio

Prendo il coraggio. La mia amica si sarebbe preoccupata di andare a prendere le bambine a scuola, mio marito avrebbe organizzato la cena… tutto a posto. ” Mamma, mamma, ma dove vai oggi?”. “Mamma va in un circolo letterario, una riunione d’artisti che leggono poesie e racconti, vado ad ascoltare delle belle storie”. Accettano la cosa, anche se mamma non si allontana mai da loro, ma mamma è anche un po’ strana a volte!
Mi dirigo alla piccola stazione, compro un biglietto e salgo. Il viaggio non è molto lungo ma porto con me un libretto, titolo “il Segreto”. Non ho voglia di leggere, sto in ansia, chissà se sto facendo la cosa giusta? La gente che passa mi lancia uno sguardo, quasi sorpresa di trovarmi lì. Di fatti non c’entro niente con questi pendolari vestiti goffamente, donne troppo truccate, o troppo poco, ragazzi con zaini pesanti e sdruciti, bambini piccoli in piedi, lo sguardo sperduto e la mano alla mamma. Sono una bella donna, elegante, ma non classica, dall’aria pulita e solare e non prendo mai il treno.Arrivo a Termini, una passeggiata a piedi, il luogo dell’appuntamento non è molto distante. C’è odore di cibo orientale, molta cipolla fritta, mi prende una leggera nausea, sarà che sono a digiuno. Vado sempre ad acqua il giorno dopo.Il numero 66, toh, guarda, mi ricorda qualcosa. Un gran portone ottocentesco mi guarda cattivo, mettendomi a disagio. Scruto il citofono, niente. Ho sbagliato, era il 66/a. Davanti a me una scala stretta che scende nel sottosuolo, squallida, il pensiero è scontato. Cerco con lo sguardo qualcuno che possa aiutarmi a capire se sono nel posto giusto, ma nessuno sembra accorgersi di me, quasi fossi trasparente. Una donna si sta servendo del caffé da un thermos, un’altra sta componendo un vassoio di pasticcini, una giovane coppia sta parlando a bassa voce, appoggiata al muro.
Cerco appigli leggendo i volantini sulla parete… i Dieci passi… da ripetere ogni giorno, come la Preghiera. Oddio! Sono finita in mezzo ad un branco di sfigati moralisti e pure cattolici! Mi decido e domando. Un’arcigna signora mi assicura che sono nel posto giusto, la riunione sta per iniziare. Capisco subito che ci sono dei rituali da rispettare, da setta. La situazione mi piace sempre meno. L’oratore annuncia l’inizio, è la donna arcigna. “Mettiamoci tutti in cerchio e recitiamo la preghiera laica… Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso, la saggezza di conoscerne la differenza”.
Poi tutti seduti: “Maria, alcolista, oratore della serata, oggi abbiamo dei nuovi amici, con nuove storie da raccontare, ascoltiamoli…”. A turno si presentano, “ciao sono Paolo alcolista…. Barbara… alcolista, Rosa… alcolista…” tocca a me, “Elisa… punto!” Mi guardano tutti, ma come non sono una di loro? Colgo lo stupore e aggiungo…”scusate sono nuova, vorrei prima capire”.“Il primo passo per risolvere un problema è ammettere di avercelo!” Risponde la donna arcigna. Si, è vero, infatti, sono qui, anche se continuo ad avere dei dubbi, stronza.È vero che ho un problema, ma mi dai il tempo di digerirlo e di fare delle considerazioni!Non mi faccio deprimere e mi metto in ascolto. Ho imparato che i maestri non sempre sono coerenti con quello che insegnano, l’importante è quello che tu riesci a capire e fare tuo. Le storie sono terribili, lancinanti, vere storie, di veri disperati, che hanno perso anche l’ultimo treno della vita. L’oratore è colui che ce l’ha fatta, che ha vinto, è un figlio di Dio. Tutti vorrebbero essere oratori.
In questa cantina, senza finestre, osservo i loro volti segnati, questa sera molti si siederanno, ancora una volta, davanti alla loro cara e consolante amica, la bottiglia e nient’altro. Sono impressionata, sconvolta, m’immedesimo, mi rattristo, come al solito mi ribello. In questo desolante panorama, mi chiedo con che diritto sono qui a giudicare, pur riconoscendo delle analogie con la mia storia. Io non sono ancora caduta in quest’inferno senza ritorno, è ancora una mia scelta, un libero arbitrio. Passo la parola, non me la sento. Ho la consapevolezza che pochi di loro ce la faranno. Torno alla stazione, la stessa strada, lo stesso odore di cipolla rivoltante… la stessa nausea… una tachipirina e domani si vedrà.


lunedì 17 dicembre 2007

LA VISPA MARISA

Antica poesia esaltante le gesta di creatura sessualmente precoce che, una volta appagata, e prima ancora di ricomporsi, "gridava a lui teso: ‘L’ho preso! L’ho preso’!" (senza tuttavia precisare dove).

La vispa Marisa

avea tral' bel petto

a volo sorpreso

gentil bel falletto

e tutta giuliva

stringendolo vivo

gridava a lui teso:

"L'ho preso!, L'ho preso!"

A lei supplicando

l'afflitto gridò:

"Godendo, scopando,

che male ti fò?"

Tu sì mi fai male

strigendo le pale.

Deh, lasciami: anch'io

son parte di Dio."

Confusa, pentita,

Marisa arrossì:

dischiuse le dita

e quello venì. (licenza poetica)

domenica 16 dicembre 2007

Amor, ch'a nullo amato amar perdona


"Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,

prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e l'modo ancor m'offende.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer si forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense.

Queste parole da lor ci fuor porte. "

Dante Alighieri Inferno V Canto

sabato 15 dicembre 2007

Il vestito


La porta si aprì. L'attore l'accompagnò al buffet, le afferrò una mano e da una salsiera le versò una cucchiaiata di polvere bianca, nell'altra della vodka. L'euforia non tardò. Una donna le chiese di seguirla. Un lungo corridoio e fu invitata ad entrare. In quella stanza da letto in penombra, l'attore e il padrone di casa, seduti accanto ad una lampada antica, avrebbero solo guardato. La donna la baciò in bocca e lentamente le tirò giù la cerniera del vestito, scelto fin troppo bene. In una frazione di secondo i suoi pensieri s'impastarono, un po' come la lingua, e si ritrovò nuda. La donna l'accompagnò lentamente verso il letto, portata per mano come una piccola bambina cattiva. La donna si spogliò, tirò fuori del cassetto oggetti dall'aria spaventosa e unguenti vari. La donna iniziò a lavarla con la lingua, i due uomini tirarono fuori i loro sessi attenti. La donna la toccava ed esplorava i suoi spazi con le dita. Il piacere cominciò a salire piano, confuso dalle sue alitate alcoliche. I due uomini si contorcevano. Il tempo intrappolato in quel girone splendidamente infernale. Uno dei due si alzò e le venne accanto. Il suo pene le apparve così vicino, che avrebbe potuto leccarlo, solo la distanza di una lingua. Non poté resistere Elisa. Poggiò le labbra ed elargì il suo dono, fremendo, eccitata dalla sua eccitazione e dalla donna, che simulava quella penetrazione orale, con un grosso sesso di gomma. In un attimo Elisa si ritrovò il suo sapore in bocca, colante e purificatore. L'altro uomo, anche lui, esausto e stordito sulla poltrona. Elisa si rivestì, prese una manciata di polvere bianca, se la mise in tasca e si avviò. Erano quasi le quattro del mattino. Le luci della città scorrevano silenziose dal finestrino. Infilò la mano in tasca al suo bel vestito e si ciucciò le dita… sorridendo.

martedì 4 dicembre 2007

Deriva e derivati


Se ti lasci andare alla deriva, potresti scoprire che…ti piace...ti piace cadere in basso… abbandonarti ad una voce sconosciuta…che ti fa tremare per il piacere, per il piacere della colpa…che non c'è! Il timore del gioco proibito, non è niente di più che un'immagine creata dalla tua mente, niente di più innocente, naturale, innocuo… non doloroso. E' come un sogno che galleggia nella tua mente, dove gelosamente custodisci i tuoi segreti. Nessuno può profanarti, se non l'immagine stessa che stai proiettando.

venerdì 23 novembre 2007

La "Vera" Sindrome di Cenerentola


Nel crescere ed educare i propri figli bisogna fare delle scelte: che scuole fare, quale ambienti frequentare, gli amici,le attività extrascolastiche, lo sport, il tempo libero, i fidanzati… per indirizzare e dare degli imput positivi. Le favole hanno contribuito, inconsciamente e non, a creare nella psiche di una futura giovane donna, nelle nostre figlie, dinamiche "programmate". Queste sono poco evidenti, ma creano grossi problemi, come potete…leggere in…

La "Vera" Sindrome di Cenerentola


Tutti noi conosciamo la favola di Cenerentola, la storia di una bellissima ragazza povera, non amata dalla sua matrigna, una ricca nobildonna con due figlie acide che, costretta a fare la serva, sogna l'arrivo del bel Principe Azzurro con il suo destriero bianco, che la riscatta da una vita di sacrifici e umiliazioni e la fa vivere per sempre felice e contenta. La psicologia comune definisce quindi, la ricerca affannosa di un uomo bello, ricco e forte, delle ragazze d'oggi e di ieri, come Sindrome di Cenerentola. Una ragazza, per quanta istruzione, indipendenza materiale e spirituale possa avere, guardandosi in giro, in cerca di un uomo, un fidanzato, mossa dalla sua fisiologica tempesta ormonale, sarebbe invece guidata, secondo la moderna interpretazione della favola, da una patologia vera e propria. Potrebbe essere, anche se trovo questa relazione assai discutibile, ma non è questo di cui voglio argomentare.

La favola continua con l'intervento di una Fata (apparentemente) buona, che presa a compassione, dà a Cenerentola la possibilità di conquistare il Principe Azzurro, trasformando i suoi vecchi stracci in un sontuosissimo vestito, completo di scarpette di vetro, i topi con cui condivideva la soffitta, in bellissimi cavalli bianchi e una banale zucca, in una principesca carrozza dorata. Fin qui tutto bene, l'autore…. mostra una gran fantasia e immaginazione. La storia continua con la Fata che, eseguita la spettacolare magia e accontentata Cenerentola, pone il suo dictat: "Tutto questo sarà tuo, potrai incontrare e far innamorare di te il Principe, ma solo fino a Mezzanotte, dopo di che, dovrai rientrare a casa, perché l'incantesimo finirà e tutto tornerà come prima!"

A questo punto della favola ho capito qual è sempre stata la Vera Sindrome di Cenerentola, quello che ha realmente tormentato intere generazioni di bambine prima, giovani donne dopo e che continuerà a farlo, fino a che non si prenderà collettivamente consapevolezza del messaggio subliminale insinuato nella favola. La Vera Sindrome è la Mezzanotte, è il limite, è il dictat, che se non rispettato fa decadere tutti i privilegi, la fiducia, la libertà, ti fa tornare prigioniera, schiava del tuo mondo, visibile per quello che sei veramente. Una giovane donna ha, sì il permesso di poter uscire la sera, di potersi fare bella, di sfoggiare il suo vestito migliore, di usare la lussuosa macchina di papà, ma deve rientrare presto, perché altrimenti diventa una poco di buono, un'inaffidabile, una persona irresponsabile, che disubbidisce agli ordini, capace di mettersi nei guai. Mancando quest'appuntamento, viene a decadere la fiducia del genitore e ,di conseguenza, molti altri privilegi, tra i quali quello più importante, di vivere credendosi una vera principessa. E' il limite sociale imposto alla donna da sempre, mascherato dalla falsamente amorevole esigenza di protezione dell'uomo, creato solo per limitarne la libertà e perpetrare la sua sottomissione. Il limite dell'orario le fa vivere con ansia tutta la serata, le fa sentire di vivere una favola a tempo, tra poco finirà e tutto tornerà nella banalità e nella noia del quotidiano! Quanto corre per rispettare questa mezzanotte, quanto si affanna per rientrare in orario, per non perdere il privilegio, anche se per poche ore, di sentirsi diversa, una donna autonoma, bella e importante come una principessa!
Nella favola anche Cenerentola, allo scoccare della mezzanotte, corre come una disperata giù dalla scalinata, terrorizzata di mostrare se stessa e la vera vita che conduce, tanto da perdere persino una scarpetta. La scarpa è simbolica, è una traccia di se, un numero di cellulare, un regalo, una sciarpa dimenticata, per essere cercata e ritrovata in seguito.

La favola rappresenta, quindi, una sindrome ben più grave. Le giovani ragazze mancano fondamentalmente di sicurezza e fiducia di se, ma non è solo una questione di crescita. L'evoluzione interiore di una giovane donna non avviene solo compiendo gli anni, con questo magari invecchia, ma con la libertà di vivere se stessa, con lo spazio e il tempo che le sono concessi. Una Fata buona è un genitore che insegna a vivere con consapevolezza e secondo la propria coscienza, altrimenti è una Fata "apparentemente" buona. Io, come donna, mi ritengo fortunata perché ho potuto godere dell'illuminazione delle mie Fate buone, che fortunatamente, da bambina non mi hanno mai letto la favola di Cenerentola.

L'ottavo vizio capitale


Nella religione Buddista vengono chiamate "Illusioni" da cui bisogna distaccarsi per purificare il proprio Karma e continuare a reincarnarsi in un altro essere umano e non animale, fino al raggiungimento, grazie alla pratica del Dharma, della completa Illuminazione. Nella religione cattolica sono "Vizi Capitali", da cui dobbiamo rifuggire se non vogliamo vivere all'Inferno la nostra eternità che, invece, seguendo i precetti della chiesa, dovremmo poterla trascorrere tranquillamente in Paradiso. Questi sono:
Ira (lasciarsi facilmente andare alla collera)
Accidia (la pigrizia, l'ozio, la poca voglia di fare, ma in origine indicava l'apatia, il disinteresse verso gli altri e verso la vita)
Lussuria (chi è dedito e succube dei rapporti sessuali)
Avarizia (mancanza di generosità, colui che è taccagno, ma in origine indicava la tendenza all'accumulo eccessivo ed ingiustificato, la tesaurizzazione)
Gola (chi si abbandona ed eccede nei piaceri della tavola)
Invidia (desiderio malsano verso chi possiede qualità, beni o situazioni migliori delle proprie)
Superbia (colui che si erge in netta superiorità rispetto agli altri, facendo pesare la propria situazione di rilievo)
Naturalmente per me non sono tutti . Ne manca uno, il più importante, perché il più terribile, capace di scatenare tutti gli altri sette, spesso tutti insieme! L'ottavo vizio capitale è l'Amore, quel tremendo sentimento incontrollabile, che si scatena nei momenti più impensati, che ti fa rincretinire, diventare un altro, perdere il controllo, che ti fa fare le cose più improbabili e folli, che ti scatena la lussuria, per prima, poi l'invidia, l'ira, ti solletica la superbia, l'accidia, l'avarizia quando ci litighi, a volte la gola perché sei troppo felice o troppo triste, insomma un sentimento, un vizio che ti riduce in cenere, come ha ridotto la città di Troia per colpa poi dell'amore tra il virile Paride e la bella Elena!

mercoledì 14 novembre 2007

IL DIALOGIOCO ASSURDO


-Tu mi fai girar come fossi…una trottola…hei! Ma non troppo però!-
-Me lo hai chiesto tu!-
-Si, ma non così forte, mi viene da vomitare…-
-Ma più piano non c'è gusto…vedi…se rallento vai alla tua velocità!-
-Si, come se fossi libero!-
-Allora che senso avrebbe? Perché perdere tempo a catturarti…-
-Non avrei dovuto concedertelo, perché comincia a farmi male un arto!-
-Ah, ah…e come avresti fatto? Sono più grande e più grosso di te!-
-Lo so, avrei confidato sulla tua pena…-
-In che senso?-
-Si, compassione..di me, dispiacerti per me, così piccolo e indifeso…-
-Tu non mi fai pena, mi fai schifo!-
-Addirittura, ma che ti ho fatto di male?-
-Niente, io voglio solo giocare e tu adesso sei il mio gioco. E poi eri d’accordo all'inizio, no?!-
-Non sapevo cosa fosse il gioco per te. Ahi, mi fai male...dai mollami!-
-No, più forte, gira più forte…sempre più in alto!…Zoom…zoom…figooo!…ZAC!-
-Che cosa è successo?!-

Il bambino riavvolge il filo e all'estremità, dove aveva legato il coleottero… trova solo la sua zampetta!

ANGELO NERO


Dialogo di Daniela Rindi


- Ieri mi è morto un bimbo di sei mesi tra le braccia…-
- Cosa?!…-
Dissi, girandomi verso la ragazza sconosciuta affianco a me. Stavamo entrambe appoggiate ad un parapetto di cemento, fumando.
-Si, sai…così piccolo non mi era mai capitato, non l'accetti… -
- Ma, com'è successo?-
-Stava giocando con il padre, all'improvviso ha cominciato a vomitare…è diventato bianco…e si è fermato il cuore…
Il fumo delle sigarette faceva degli strani disegni nell'aria tersa del mattino, la città sotto di noi si stava svegliando.
- Ma stava già male?-
- Aveva avuto un intervento al cuore appena nato, ma era andato tutto bene dopo…-
- Uno si augura di non vivere mai queste cose…-
Un orrendo luogo comune mi uscii da questa boccaccia! La ragazza dai capelli nero corvino, con occhi grandi umidi, però, continuò concentrata, come per togliersi un masso dal cuore.
- Quando ti succedono queste cose, te le porti dentro per un bel po'…finché respiri…credo-
- Ma sei un medico?-
- No un'infermiera, lavoro a Tor Vergata, reparto Terapia Intensiva-
- Ah, capisco…ne vedrai di tutte i colori?!-
Esclamai con un sorriso, per sdrammatizzare.
- Già…ma non questa…-
Dovrei tagliarmela questa lingua! Tanto escono solo stronzate! Che diamine… anche lei, cosa mi viene a raccontare? Ma chi l'ha mai vista? Poi, come se mi avesse letto nel pensiero
- Non dovrei raccontarti queste cose…scusami lo sfogo, è stata una nottataccia…ma tu che ci fai qui sopra alle cinque del mattino?
- Sono un'insonne…per non stare in casa a guardare la tele tutta la notte, o peggio, mettermi a stirare, vengo quassù e ammiro il panorama. E' bello!
- E tu?- Chiesi.
- Ho fatto la notte…stavo rientrando a casa, abito al terzo piano-
- Io all'ultimo e non ci siamo mai incontrate!-
- Hai una bella vista anche da lì?-
Per la prima volta mi sorrise.
- Si, ma da casa non è la stessa cosa…e poi rischio di svegliare la famiglia!
- Già la famiglia…-
Disse nuovamente laconica.
- Sei sposata, hai figli?-
Chiesi frettolosamente, perché avevo voglia di rientrare, cominciavo a sentire un po' di freddo.
- Si…- Rispose
-…Quel bambino era mio figlio…è morto questa notte...-
E il freddo fu totale. Il sangue mi si gelò dentro le vene, il cuore iniziò a farmi molto male…Chiusi gli occhi e sospirai forte. Anche l'aria si era ghiacciata.
- Io sento freddo, scendo un attimo a prendere un plaid….-
- Va bene…-Rispose lei.
M'incamminai verso la porta del lucernaio e come doppata, mi voltai.
-…Ne vuoi uno anche tu?-
Mi guardai intorno, movendo qualche passo…niente…sparita…Fissai lo sguardo alla balaustra di cemento…da quassù è molto alto…
-…Senti freddo anche tu, vero…?-